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Residui colorici della Via Crucis di Gaetano Previati
al cimitero di Castano Primo

di Ugo Sanguineti
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Osservando la Via Crucis del Previati, così com'è ora, dopo il magistrale strappo eseguito da Ottenni della Rotta, molti credono si tratti di sinopie ma non è così, quelle sono più sotto, queste sono più correttamente impronte da strappo o residui colorici. Un affresco strappato e riportato su altro supporto, in genere subisce qualche ritocco o aggiustamenti, quello che resta tuttora visibile è a mio parere di mano del Maestro. A parte il fissaggio dopo lo strappo per ovvie ragioni di conservazione, tutto dovrebbe essere attribuibile a Gaetano Previati .




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Protagonisti delle quattordici stazioni sono Gesù e la Croce, osservati da vari punti di vista e restituitici in formidabili prospettive e scene cariche di patos e desolazione.Nonostante le note diatribe dell'Autore con l'Amministrazione Comunale dell'epoca e le varie interruzioni, gli affreschi appaiono tuttora compatti e intensi. Ci auguriamo che presto siano visibili nella nuova struttura museale creata per ospitarli; comunque vale sempre la pena difendere e conoscere i residui colorici ubicati nella loro sede originale.



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A proposito dell'Autore e delle molteplici valutazioni della sua opera, vogliamo fare nostra la dichiarazione di De Chirico del 1920 "L'essere allacciati dai malintesi è la sorte di tutti gli uomini di valore e il valore di Previati non diminuirà né per le lodi dei somari, né per il silenzio dei semi-intelligenti".

Ugo Sanguineti





La via Crucis di Gaetano Previati

Il tema: storia e svolgimento

Mirella Poggialini Tominetti
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Gli affreschi di Castano sono infatti testimonianze del "veder grande" di Previati, grandi scenografie da guardare a distanza che in sé racchiudono anche il dramma, così come è implicito nella narrazione-rappresentazione. Non per nulla la pratica della 'Via Crucis" era stata diffusa dall'Ordine dei Frati Minori, custodi del Santo Sepolcro dal 1342 e propagatori in tutto l'Occidente della pia pratica dei "Calvari", che unisce idealmente la remota invenzione scenica del Presepe all'edificazione dei "Sacri Monti", aggregando richiami apologetici, devozionali, penitenziali, in una costante introduzione dell'astante nella scena costituita tramite la figurazione.



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Forse troppo teatrali e poco sacri giudicarono questi affreschi i committenti: così i parroci della zona, riuniti a Castano per l'approvazione dell'opera, insieme ai maggiorenti del luogo, fecero proposte per la demolizione, intuendo confusamente la portata della libertà inventiva della composizione previatiana (" ... un quadro solo, più che quattordici quadri ", fu notato, per la stretta connessione fra le immagini sotto il porticato), densa di innovazioni formali e coloristiche e di serrato ritmo narrativo.




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Se la critica coeva fu assai avara di lodi e, anzi, deprezzò apertamente la composizione e la tecnica, passando dall'accusa di morellismo, invero non del tutto ingiustificata, a quella più casuale e meno comprensibile di cremonismo a sottolineare l'influsso scapigliato sulla ricerca coloristica di Previati, ancora legato allo sperimentalismo dopo l'incontro con l'Accademia milanese posteriore alla breve parentesi fiorentina per più di mezzo secolo gli esiti della ricerca di Previati,





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identificatisi con l'esperienza divisionista, misero in ombra il periodo antecedente al 1891 e l'esaltazione del personalissimo segno tratteggiato e curvilineo fu causa di oblio per quest'unico affresco, relegato nel paesino lombardo, al quale Previati aveva dedicato studi e lavoro per quasi sei anni.


I motivi di una scelta

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Che se poi ci si chiedesse per quale motivo, nel lontano 1862, Monsignor Ramponi avesse voluto lasciar erede il Comune di L. 4000 per l'ampliamento del cimitero ("Lazzaretto") e di L. 3000 per la "rinnovazione" degli affreschi della 'Via Crucis", già esistenti da circa cento anni ( e dipinti da un oscuro freschista locale rimasto anonimo) ma distrutti per il rifacimento della cinta muraria, si potrebbe supporre che si fosse inteso recuperare - pur in epoca di ineunte laicismo, che allontanava i simboli sacri dai cimiteri in favore di emblemi dall'impreciso significato spiritualistico, o di realistiche rappresentazioni il senso della religiosità già espresso dalla "pietas communis" nell'edificazione antecedente, riprendendo l'uso della processione attraverso la serie dei quattordici grandi affreschi (m. 2,60 x 1,70 circa) disposti in schiera compatta, secondo lo schema consacrato da Costituzioni e Brevi pontifici , unificante i quadri di chiara ispirazione evangelica alle cinque figurazioni (le tre cadute, l'incontro con la Madre, la Veronica) nate dalla devozione popolare tramandatasi nei tempi. Ciò a dimostrare la diffusione e l'importanza di un culto e di immagini che, pur poste al di fuori di un edificio sacro, consacravano con la loro presenza attraverso i "mysteria passionis" le strutture murarie del cimitero, divenendo strumenti di preghiera e di meditazione. Ancor oggi le sinopie del porticato, nel cimitero di Castano, pur se fatiscenti e non protette dalle intemperie, hanno un loro fascino sommesso: mentre una viva forza di richiamo esprimono gli affreschi strappati nel 1969 dal restauratore Ottemi Della Rotta i quali, solitamente posti nella Villa Rusconi di Castano, di proprietà del Comune, attendono di essere resi accessibili ai visitatori e agli studiosi.

Da
Mirella Poggialini Tominetti,
" Gaetano Previati (1852-1920). La via Crucis per il cimitero di Castano Primo"
Centro Culturale San Fedele, Milano 11 gennaio 5 febbraio 1983